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La Rai che si finge progressista

29-12-2021 23:13

Filippo Blengino

Blog di Filippo Blengino,

La Rai che si finge progressista

In questi mesi di isolamento sociale, chi non si è lasciato andare a lunghe maratone di serie tv? Netflix, Amazon Prime Video, Infinity+, Sky Go… Ma l

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In questi mesi di isolamento sociale, chi non si è lasciato andare a lunghe maratone di serie tv? Netflix, Amazon Prime Video, Infinity+, Sky Go… Ma la Rai?

 

Dopo anni, o meglio decenni, di telenovele con preti poliziotti in bicicletta, suore, storie d’amore mielose e “acchiappa anziani” e medici supereroi, Rai Fiction si è accorta di non essere particolarmente attrattiva per i giovani. Compito del servizio pubblico dovrebbe essere trasmettere ai ragazzi, attraverso contenuti accattivanti, nozioni e informazioni importanti, educative ed utili per contribuire alla crescita in salute (anche mentale), in sintonia con sé stessi e con il proprio essere.

 

Così ecco che, con la serie di Rai1 “Un professore” - interpretata da Alessandro Gassmann - con un incipit che si snoda tra banchi di scuola, relazioni amorose, tematiche LGBT e di bullismo, la società concessionaria del servizio pubblico in Italia ha tentato di mettere una toppa…facendo più danni che altro! Risultato: scene del coming out del giovane co-protagonista o di baci omosessuali, totalmente censurate. Di certo non si parla di svista del regista, o di scelte per voler “evitare di far vedere certe cose” ad un pubblico magari giovanissimo (nella fiction compaiono chiaramente baci, anche parecchio “spinti”, di coppie etero).

 

Dunque? La Rai avrebbe fatto meglio a continuare con avventure di ottantaduenni preti che acciuffano i peggio criminali di mezzo mondo in una cittadina umbra di quaranta mila abitanti. Un ragazzo omosessuale, guardando questa fiction, non può far altro che sentirsi discriminato da una società pubblica, che costa ai contribuenti milioni di euro all’anno per un servizio fazioso, scadente e parteggiante.

 

Moralismo? Paura? Bigottismo? Chiamatela come volete, ma questo fatto dimostra, ancora una volta, di come la rai con l’espressione “servizio pubblico” non abbia proprio nulla a che fare. Eppure, grosse piattaforme, a partire da Netflix, hanno iniziato da molto a produrre materiale di qualità. Penso alla serie Skam o Sex Education – per citarne due – che trattano, in modo egregio e educativo, le tematiche della discriminazione, del bullismo, e dell’informazione affettiva e sessuale. Ma è mai possibile che ad una televisione pubblica, alla scuola e ad un presunto Stato serio, si sostituisca una società privata?

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